La protesi diventa protagonista per il successo in implantologia
26 luglio 2023
Oggi più che mai, è chiaro che l’implantologia sia una branca odontoiatrica dove la conoscenza multidisciplinare diventa imprescindibile.
Infatti, non si parla più di posizionamento implantare dettato dalla disponibilità ossea, ma il progetto implantare deve seguire una pianificazione “TOP-Down”, ovvero dove è la protesi a guidare il successivo posizionamento tridimensionale dell’impianto.
Grazie a recenti pubblicazioni scientifiche è stato chiarito quanto i tessuti molli ed i profili di emergenza protesici abbiano un impatto significativo sulla prognosi a lungo termine e sulla stabilità dei tessuti duri perimplantari. Sull’onda di queste scoperte, dei clinici in collaborazione con alcune aziende implantari hanno proposto l’utilizzo di nuove componentistiche che consentono di massimizzare la risposta biologica dei tessuti e la stabilità dell’osso crestale.
Il Dott. Giacomo Dallari, docente a contratto nel Reparto di Protesi dell’Università di Bologna (direttore Prof. L. Breschi), ci aiuta ad approfondire meglio i vantaggi dell’utilizzo del CONNECT abutment.
Cos’è il Connect?
Lo definirei molto semplicemente un abutment intermedio, ma in realtà è molto di più. È un componente di nuova generazione che va applicato sulla testa dell’impianto dentale. Dobbiamo immaginare il Connect come una “prolunga” che ci consente di trasformare un impianto da Bone level a Tissue Level personalizzato.
Perché si utilizza?
Già da diversi anni in implantologia è noto il concetto “one abutment-one time”. Sappiamo, infatti, che un abutment che viene selezionato e posizionato definitivamente al momento della chirurgia permette di ottenere una miglior guarigione dei tessuti perimplantari.
Al contrario, le continue disconnessioni e riconnessioni dell’abutment nelle fasi protesiche successive (smontaggio provvisorio, connessione scanpost, ecc.) rischiano di indurre una reazione infiammatoria che può generare un riassorbimento osseo crestale.
Il Connect ci consente di non lavorare più ad altezza impianto, bensì ad un livello più coronale e quindi ci garantisce il mantenimento di sigillo connettivale integro e sano.
Chi trae il beneficio clinico?
Sicuramente il chirurgo, che non vedrà più i tipici coni di riassorbimento perimplantari, ma anche il protesista potrà apprezzare i vantaggi del Connect. Infatti, questa componentistica funge da tramite tra il compartimento chirurgico e quello protesico.
Con un unico componente saremo in grado di sigillare la connessione conica a testa impianto e di trasformare la connessione da conica a esagonale interna a livello protesico. Questo ci permetterà di semplificare tutte le fasi protesiche successive con un netto miglioramento nel controllo della passività delle strutture protesiche.
Dove si può utilizzare?
Le diverse forme e diametri del Connect ci garantiscono una versatilità protesica senza eguali. Possiamo utilizzarlo in elementi singoli, piccoli ponti e persino nelle arcate complete.
Per tutti gli elementi da incisivo a premolare sarà sufficiente utilizzare la piattaforma standard da 4mm.
Nelle zone posteriori dei molari la piattaforma di diametro 5.7mm risulta davvero congeniale alla creazione di un corretto profilo di emergenza anche in zone considerate meno estetiche. Per l’utente avanzato, questa componentistica sarà molto utile anche nei Full-Arch “a vivo”. Infatti, tramite il Connect, siamo in grado di migliorare l’emergenza a livello degli incisivi laterali rispetto al tradizionale utilizzo del MUA (multi-unit-abutment) che risulta solitamente più alto e ingombrante.
Come lo scelgo?
Questa è la domanda che mi viene rivolta più spesso. Infatti, avendo diverse altezze spesso il clinico è portato a pensare che venga utilizzato per compensare un affondamento sottocrestale dei nostri impianti dentali.
Ovviamente non è così. A fronte di un posizionamento 3D razionalizzato sulla base del tipo di connessione, morfologia del collo implantare e dello spessore dei tessuti molli crestati, il Connect dovrà permetterci di emergere di almeno 1mm dalla compagine ossea.
In questo modo saremo in grado di posizionare tutta la componentistica protesica al di sopra dell’abutment intermedio senza interrompere il sigillo connettivale perimplantare.
Quando si utilizza il Connect?
Se si sposa questo nuovo concept chirurgico-protesico il clinico moderno sarà portato ad utilizzarlo al di sopra di ogni impianto posizionato. È ideale nel carico immediato, fondamentale nel carico dilazionato e molto utile quando associato a procedure rigenerative sia dei tessuti duri che dei tessuti molli.
Da quando utilizzo questa sistematica, ogni volta che mi capita di guardare le radiografie dei miei impianti protesizzati tradizionalmente anche solo pochi anni fa, mi sembra che siano impianti fatti in un’altra epoca!
Dott. Giacomo Dallari
Laureato a pieni voti presso l’università degli Studi di Milano.
Diplomato all’International post-graduate in Oral & Implant Rehabilitation presso la New York University. Attualmente frequenta il Dottorato di Ricerca presso la UCAM (Spain).
Docente presso:
Master “Restaurativa e Protesi estetica”, Università di Bologna.
Master “Parodontologia Clinica”, Università Cattolica di Roma.
Master “Implantologia”, Università di Napoli.
Relatore in Italia e all’estero per congressi e online providers.
Vincitore del “Clinical Case Award 2020” dell’Italian Academy of Osteointegration. Socio Attivo dell’Italian Academy of Esthetic Dentistry. Esercita la libera professione a Bologna, dove tiene corsi teorico-pratici su riabilitazioni adesive e implantari mediante pianificazione digitale.